985. «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele»

La semina del mattino
985. «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele» (2Re 5,15).

La storia del lebbroso Naaman il siro, comandante dell’esercito del re di Aram, è ben nota. La conclusione della sua dolorosa vicenda con un intervento terapeutico e provvidenziale ad opera del profeta Eliseo è propiziata innanzitutto da una anonima ragazza ebrea, serva di sua moglie, che gli indica il profeta che opera in Samaria. L’alto dignitario accetta il suggerimento e per interposta mediazione del suo Re, va in Israele con una lettera postulatoria per quel Re creduto erroneamente in grado di guarirlo dalla lebbra. Saputo il fatto Eliseo chiede al re di inviarlo da lui e prontamente interviene ingiungendo al comandante di andare a lavarsi sette volte nel fiume Giordano. Indignato per questa proposta e deluso per l’indicazione di questo fiume non certo più importante di quelli della sua patria, ancora una volta viene sollecitato dai suoi servi ad acconsentire all’indicazione profetica. Tra il rassegnato e l’impotente, si assoggetta al saggio suggerimento dei suoi subalterni ed entrato nel Giordano viene fuori completamente risanato. Torna così dall’uomo di Dio e professa la sua fede: «Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele». È molto interessante e determinante il fatto che a farlo ragionare ed indurlo ad andare da Eliseo prima ed immergersi nel Giordano poi, siano stati una semplice ragazza peraltro sconosciuta ed i suoi servi, persone dedite ai servizi del dignitario. Tante volte i suggerimenti più efficaci vengono da persone molto semplici che, anche in condizioni subalterne, sanno guardare, non senza spirito di fede, oltre l’apparato burocratico e formale delle relazioni, soprattutto quelle di alto grado. P. Angelo Sardone