923. «Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa»

La semina del mattino
923. «Al momento presente però non vediamo ancora che ogni cosa sia a lui sottomessa» (Eb 2,8).

Nella prima settimana del Tempo ordinario, quasi in continuità col tempo natalizio, la Liturgia intraprende la lettura della Lettera agli Ebrei, un testo superlativo non molto conosciuto e citato, che compendia, come in una grande omelia, l’identità e la missione del figlio di Dio sotto il particolare aspetto del sacerdozio. L’autore, molto probabilmente un discepolo degli Apostoli, indirizza la sua lettera ai cristiani convertiti dal Giudaismo che sono minacciati nella fede e tentati a ritornare al vecchio culto ebraico. La dottrina evidenziata è quella cristologica, che ha riferimento a Cristo e soteriologica, cioè riguarda la salvezza operata da Gesù Salvatore. Il testo, ricco di citazioni del Vecchio Testamento, facendo riferimento al salmo 8 lo applica a Gesù Cristo per attestare la sua preminenza sugli Angeli e la supremazia sul creato, acquistata in modo particolare con la sua passione e morte. C’è una constatazione che potrebbe lasciare perplessi: al presente le cose non sono completamente sottomesse a Lui. Sembra che qualcosa sia sfuggita, soprattutto oggi quando si constata con forte evidenza che il male sembra sopraffare il bene, che i gusti sono perdenti, che i buoni e gli onesti sono sopraffatti da chi non pratica assolutamente la bontà e la giustizia. Secondo l’interpretazione dei commentatori, l’universale dominio di Cristo non è ancora una realtà perfetta, ma che andrà perfezionandosi sempre più finché si giungerà, come si esprime il salmo 110, ad un finale assoggettamento di tutti i nemici. Questa non è una speranza, è una certezza. P. Angelo Sardone