916. «Chiunque commette il peccato, commette anche l’iniquità, perché il peccato è l’iniquità»

La semina del mattino
916. «Chiunque commette il peccato, commette anche l’iniquità, perché il peccato è l’iniquità» (1Gv 3,4).

La dottrina contenuta nella prima lettera di S. Giovanni, in un certo senso compendia diversi passaggi già noti nel quarto Vangelo e li specifica ulteriormente alla luce di una riflessione più profonda. All’origine della storia della salvezza c’è l’amore di Dio Padre. Nel Figlio Gesù noi siamo diventati figli adottivi: Egli ha sconfitto il peccato ed il male e vuole rendere coloro che hanno speranza in Lui, puri, perchè rimane Lui il modello perfetto dei credenti. Si spiega così anche una dichiarazione precisa rivolta ai cristiani: commettere il peccato significa commettere l’iniquità, un’espressione che richiama l’attività di Satana che caratterizza tutta l’epoca che precede la parusia. In altri contesti l’Apostolo Paolo parla proprio del mistero dell’iniquità e del demonio come «iniquo» per eccellenza. Una sorta di unità con Satana si manifesta quando si commette il peccato ed il male. Non si tratta di un contesto limitato all’epoca degli Apostoli, ma che continua nella storia e nella vita della Chiesa e degli uomini, falcidiata dalla situazione del peccato che talora vuol far nascondere quella che Benedetto XVI chiamava «sporcizia nella Chiesa». La situazione del peccato sembra a volte dominare la vita anche dei buoni credenti, quasi arresi dinanzi alla forza vigorosa del male. Cristo ha vinto il male e nella misura in cui si rimane a Lui legati, si è capaci di arginare il male e di avere quella forza necessaria per resistergli, tenendo conto di quanto già diceva l’apostolo Giacomo nella sua lettera: «resistete al diavolo e lui si allontanerà» (Gc 4,7). P. Angelo Sardone