855. «Tutto è una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore»

La semina del mattino
855. «Tutto è una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore» (Fil 3,8).

La conoscenza di Cristo per l’apostolo Paolo fu in grado di soddisfare ogni sua esigenza ed appagare ogni suo desiderio. É il bene supremo, una relazione personale con Cristo che comporta una continua conversione di mente, di cuore, di vita. Dinanzi a ciò, compreso il guadagno di essere cristiano, tutto acquista un significato molto relativo, se non addirittura una perdita. Questi concetti di vita hanno regolato l’esistenza e l’itinerario di santità di Martino de Porres (1579-1639) religioso peruviano dell’Ordine dei Domenicani. Nato da una relazione con una schiava di origine africana, non fu riconosciuto da suo padre, un aristocratico spagnolo che lo affidò alla madre. Dopo avere appreso l’arte del barbiere, venne accolto dai Domenicani solo come Terziario, perché mulatto e svolse nel convento i compiti più umili. Solo in un secondo tempo fu riconosciuto come Cooperatore. Si circondò di poveri e malati e la sua fama ben presto si sparse coinvolgendo le maggiori autorità dello Stato e della Chiesa del Perù che accorrevano a lui per consigli anche di natura teologica e d’intercessione presso Dio. La pandemia della peste lo vide coraggioso ed intrepido volontario non solo per i suoi confratelli ammalati ma soprattutto i poveri per i quali risultò un vero fenomeno di generosità e santità. «Dal peccato alla gloria», un bellissimo film apparso il 1961 a Madrid, col titolo evocativo del suo percorso di vita e di santità, contribuì a sviluppare anche la notorietà di «Martino della carità», l’umile mulatto, dichiarato patrono dei barbieri e dei parrucchieri. P. Angelo Sardone