791. «Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci e neanche ora lo siete»

La semina del mattino
791. «Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci e neanche ora lo siete» (1Cor 3,1).

La predicazione di Paolo a Corinto, durata circa un anno e mezzo, fu vigorosa e puntuale, tenendo conto anche della particolare situazione di un ambiente difficile ad accogliere con immediatezza un annuncio radicale come quello del Vangelo. L’atteggiamento pedagogico di Paolo evidenziato anche in altre lettere, è prezioso ed efficace perché, tenendo conto dell’instabilità di fede, ha avuto interventi allo stesso tempo dolci e fermi, proporzionati alla comprensione degli ascoltatori ed al loro processo di adesione alla nuova fede. Il segno del latte e del cibo solido è esplicativo del tipo di nutrimento che va somministrato ai fedeli, come in natura, in maniera equilibrata e fruttuosa, tenendo conto dell’età, della cultura, del progresso e della maturità, per non correre il rischio di perdere tempo, di creare e crearsi facili illusioni. Il quadro paolino rispecchia la situazione della vita della Chiesa in ogni tempo. I messaggeri del Vangelo nella misura in cui sono saggi, esperti di comunicazione e dotati di buonsenso, devono presentare l’annunzio con gradualità ed incisività per portare gli uditori alla piena maturità di Cristo. I temi della fede vanno somministrati con chiarezza, profondità ed in progressione, esigendo, per quanto è possibile, una risposta altrettanto chiara, precisa e perseverante. L’adesione è a Cristo ed al suo Vangelo e non alla bravura o alla simpatia dell’annunziatore di turno che lì per lì potrebbe essere esaltato ed acclamato, ma che poi potrebbe essere distanziato qualora la sua vita non fosse consona e coerente al vangelo predicato. Spesso emerge anche l’inconsistenza di chi ascolta, basata sull’emotività del momento e di un terreno irrorato superficialmente e non liberato da grandi massi che potrebbero giacere nella profondità dell’anima e della propria esperienza di vita. P. Angelo Sardone