640. «Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa»

La semina del mattino
640. «Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (Is 43,16).

Il ricordo dell’Esodo rimase impresso nella mente e nella storia del popolo di Israele. Aveva caratterizzato l’identità della nazione santa, protetta da Dio, favorita in tutto da lui, retta nel duro e provato cammino di stenti e di fatiche. Una volta insediato nella nuova terra il popolo ha goduto dei benefici che Dio ha concesso con larghezza. In seguito Egli stesso ha preparato un nuovo esodo, quello della fede e quello storico a seguito della cattività babilonese. Il profeta Isaia si fa interprete della memoria storica, ricordando al popolo cieco e sordo dinanzi agli avvenimenti della sua storia, come l’agire di Dio è vera e concreta testimonianza di amore e benevolenza. Ciò che è avvenuto nel passato sarà eclissato da quanto, con ancor più meraviglia, Dio opererà nel nuovo esodo. Le immagini si rifanno alla situazione ambientale della natura e del territorio: il deserto, la strada, la steppa, i fiumi. Nel linguaggio biblico questi termini richiamano l’aridità e la prosperità, nel quadro della volontà di Dio come purificazione e gratificazione. Nella vita di ogni giorno il Signore apre la sua strada di esodo nel deserto della vita dell’uomo, resa tale dalla dissipazione, dal rifiuto del soprannaturale, dall’ostinazione verso il bene e dall’orgoglio che impedisce di accogliere dalle mani di Dio la provvidenza e la bontà. Bisogna realmente viere il proprio esodo per capire quello che di peccaminoso si lascia dietro le spalle e quello che invece appena si intravvede col latte ed il miele, prosperità della terra promessa che si raggiunge solo oltrepassando il Giordano col battesimo di purificazione e di penitenza. P. Angelo Sardone