634. «Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia»

La semina del mattino
634. «Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia» (Is 65,19).

La conclusione del libro di Isaia contiene negli ultimi due capitoli una sezione detta “apocalittica”, nella quale si annunzia il giudizio futuro; in essa viene prefigurato e descritto un mondo nuovo. La trattazione sarà ripresa nell’Apocalisse di S. Giovanni e da S. Pietro. La rivelazione è perentoria: l’evento è contrassegnato dalla profezia dei cieli nuovi e della terra nuova. Il passato sarà affossato per sempre; si vivrà e godrà del presente in forza della nuova creazione incastonata nella gioia. In questa prospettiva verranno meno tutte le forme di sofferenza, a partire dal pianto e dai lamenti, dalle angosce e dalle tribolazioni con una rivoluzione anche nella gestione etaria della vita portata a non meno di cento anni. La prospettiva profetica e teologica è molto significativa: Dio gode del suo popolo come con un entusiasmo tipicamente umano, e rientra nella gioia del popolo stesso ormai privo di pianto ed angoscia. Una gioia condivisa e travolgente dovrà caratterizzare la vita senza fine che si inquadra nella novità di cielo e terra. Le grida di pianto e le situazioni di angoscia purtroppo pervadono giorno per giorno la vita e la storia degli uomini, dominati dal peccato che prima di ogni altra cosa, toglie dagli occhi e dal cuore proprio la gioia. L’accoglienza di queste indicazioni rende matura la conoscenza e la coscienza del cristiano in una dinamica di condivisione con Dio e con i fratelli. P. Angelo Sardone