626. «Mosè si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio»

La semina del mattino

626. «Mosè si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio» (Es 3,6).

La quiete del pascolo viene interrotta da uno strano fenomeno che attira l’attenzione di Mosè: un roveto brucia e non si consuma. Ciò avviene al monte Oreb, il monte di Dio. La curiosità lo fa avvicinare ma Jahwè, rivelandosi, non lo permette: è luogo sacro, inaccessibile, occorre togliersi i sandali. Mosè si vela il viso perché ha paura di guardare. Dio ha visto e considerato la miseria del popolo in Egitto e chiede la mediazione di colui che diverrà il condottiero di Israele, per la sua definitiva liberazione. La potenza del Suo nome e la ribadita storica paternità faranno il resto. Entrare in rapporto vero con Dio fa sempre un po’ paura. Gli stessi Romani, a proposito della preghiera affermavano che ogni volta che si entra in contatto con la divinità, si esce fuori “gravati”, appesantiti perché non si regge lo sguardo ed il confronto. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio di Mosè, il Dio di Gesù Cristo e della Chiesa è padre buono e provvidente del quale non bisogna avere paura. Guardarlo significa non necessariamente vederlo in viso, ciò sarà riservato nella contemplazione escatologica, ma mettersi davanti a Lui per mirarlo nella sua misteriosa ed indefinibile identità di vicino e lontano, di altro ed oltre, di padre ed amico. Ci si copre il volto per la vergogna ed il disagio causato nel cuore per via del peccato e talora dell’incorreggibilità degli atteggiamenti. Ma una volta che si entra in comunione con Lui il disagio e la paura si traducono in abbandono e fiducia e di essa si sperimentano i grandi effetti di amore. P. Angelo Sardone