620. «A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto»

La semina del mattino
620. «A te conviene la giustizia, o Signore, a noi la vergogna sul volto» (Dn 9,7).

Con una dovizia di reminiscenze bibliche il profeta Daniele, a Babilonia, nel tentativo di approfondire dallo scritto di Geremia i giorni e la durata della desolazione, rivolge al Signore un’ardente preghiera. In essa concentra gli elementi essenziali che contraddistinguono la diversità di identità e di azioni tra Dio e l’uomo. Dio é grande e tremendo, fedele all’alleanza e benevolo. L’uomo è peccatore e reo, disobbediente alla Legge ed ai profeti. Dio possiede la giustizia; l’uomo, la vergogna a causa del peccato. A Dio la misericordia ed il perdono; all’uomo il disonore. Lo schema di questa preghiera si rifà a quella dei tre giovani nella fornace ardente ed è modello di quanto un altro profeta, Baruch, proclamerà. La riflessione sul significato ed il senso della preghiera cristiana, trova in questi modelli biblici un afflato particolare che diviene la base sulla quale e con la quale esprimere la preghiera del cuore perché non sia, come diceva Isaia, un “imparaticcio del cuore umano”. L’espressione più genuina del cuore umano nella sua tensione naturale verso la divinità mentre segue l’istinto dell’amore, della gioia o del dolore, deve potersi calibrare alla luce delle passate esperienze bibliche che non sono solo manifestazioni concrete ed attuali di stati d’animo e di bisogni concreti, ma soprattutto sono ispirate da Dio. Quanto cambierebbe la nostra preghiera cristiana se conoscesse questa ricchezza e se ad essa si attenesse! P. Angelo Sardone.