617. «Non è retto il modo di agire del Signore. Ascolta casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?»

La semina del mattino
617. «Non è retto il modo di agire del Signore. Ascolta casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?» (Ez 18,25).

La lezione profetica e giuridica di Ezechiele ha un grande senso pratico. Non si tratta di una disquisizione letteraria o accademica, ma di un vero e proprio problema spirituale e morale. Si considera la situazione del malvagio e del giusto, categorie comuni nell’umanità, e dei loro rapporti con la grazia, la giustizia, il male, il peccato, Dio. Il profeta pone queste questioni direttamente sulla bocca del Signore e le risolve con logica. Il malvagio che si pente e si allontana dai suoi peccati agendo con rettitudine e giustizia, non morirà. Il giusto che si allontana dalla verità e prevarica con le sue azioni imitando l’empio, morirà a causa del male commesso. Ciò determina nell’accezione umana una sorta di ribellione a Dio a causa del suo modo di intendere la giustizia. Ma in fondo, risponde il Signore, non c’è contraddizione. L’uomo giusto muore in forza del male che ha commesso. Il malvagio che invece si ravvede e si converte, vive. La logica dell’amore non prevarica su quella della giustizia, neppure in Dio che è misericordia e bontà infinita. La responsabilità del giusto in un certo senso è doppia: nasce dalla consapevolezza di conoscere la giustizia e la verità, al contrario dell’empio che tante volte trascinato dalla passione non riesce a distinguere ed a capire quello che è e ciò che fa. «Non ci si può prendere gioco di Dio!», avverte S. Paolo (Gal 6,7). Bisogna essere cauti con giudizi affrettati, conditi da buonismo fuori luogo, anche da parte di alcuni cristiani. P. Angelo Sardone