610. «Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso»

La semina del mattino
610. «Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso» (Is 58, 4).

Il capitolo 58 del profeta Isaia ha una fortissima valenza sociale. A temi ed espressioni di alta teologia si associano elementi concreti di vita umana che devono far tradurre in pratica gli enunciati divini. Lo scritto postesilico reclama una sorta di interiorizzazione delle pratiche religiose secondo gli insegnamenti dei profeti. Un tema portante é quello del digiuno, una pratica già prescritta dalla Legge per il giorno dell’espiazione. Nella mentalità e nella prassi ebraica vi erano poi giorni nei quali veniva praticato più lungamente il digiuno, in occasioni di lutto e soprattutto per impetrare la misericordia di Dio. Nella mentalità e nella prassi ecclesiale, il digiuno è una forma di pietà ed un’espressione della penitenza interiore che si inserisce nei giorni particolari di penitenza dell’anno liturgico e realizza il fine della penitenza stessa. Fondamentalmente esso serve a far acquisire il dominio sui propri istinti ed aprire alla libertà di cuore. Con esso l’uomo riacquista il vigore e cura le ferite inferte alla dignità della natura dall’intemperanza. In particolare, come recita la liturgia eucaristica, col digiuno quaresimale Dio vince le nostre passioni, eleva lo spirito, infonde la forza e dona il premio. Il digiuno vero non fa chiasso, non è oggetto di pubblicizzazione mediatica o di proselitismo devozionale. Conosco e lodo tante persone di tutte le età che lo praticano nel silenzio e nel nascondimento e certamente godono della ricchezza spirituale ed anche fisica che da esso ne deriva. P. Angelo Sardone