492. «Per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato»

_La semina del mattino_
*492. «Per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato» (Rom 16,4).*

La lunga ed intensa lettera ai Romani si chiude con una *serie di saluti*. Non sono semplicemente parte della consuetudine letteraria ed epistolare, con un carattere prevalentemente religioso, ma _l’espressione sincera e viva della gratitudine che S. Paolo nutre e manifesta_ nei confronti di coloro che lo hanno aiutato e sono con lui sulla breccia continua dell’evangelizzazione. Il saluto si sviluppa su tre piani: i più stretti collaboratori, la comunità di Roma invitata a scambiarsi il bacio santo, tutte le altre Chiese. Tra i collaboratori più stretti e fidati Paolo cita *l’ebreo Aquila e la romana Priscilla*, una coppia di convertiti che vivono reciprocità e grande amore sponsale. Si erano trasferiti a Corinto e, divenuti grandi suoi amici gli avevano offerto un aiuto deciso e rischioso quando _*era rimasto vittima del tumulto di Efeso*_. La collaborazione dei laici nell’evangelizzazione accanto ai sacerdoti e ministri è di fondamentale importanza non solo dal punto di vista tecnico ed organizzativo, ma *anche e soprattutto dal punto di vista umano*. L’amicizia vera tra il sacerdote ed i suoi fedeli è di capitale importanza per entrambi. Ma deve trattarsi di una _*amicizia vera, matura, seria, feconda di bene e non di opportunismo e labile simpatia temporanea ed evanescente*_ che presto evapora e non fa ricordare neppure i nomi. Spesso in una società dominata da sentimentalismo sotto mentite spoglie di vicinanza e di collaborazione pastorale *si corre questo serio rischio che porta detrimento all’uno ed agli altri*. Poi arriva la morte e ci si dimentica facilmente. _P. Angelo Sardone_