439. «Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo»

La semina del mattino
439. «Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14).

Il 13 settembre 335 a Gerusalemme l’imperatore Costantino fece dedicare la basilica del Santo Sepolcro ed il giorno successivo espose le reliquie della croce di Cristo ritrovate da S. Elena, sua madre. Su questo elemento storico si fonda l’odierna celebrazione liturgica dell’Esaltazione della santa Croce. Riecheggiando quanto vissuto nel venerdì santo nella contemplazione del mistero della morte di Cristo, la festa propone la contemplazione dello strumento di morte e di vita costituito dalla croce e da Chi su di essa fu confitto. Il patibolo, esecuzione capitale per i delitti più efferati, obbrobrio di ogni tempo, è divenuto lo strumento di salvezza ed il segno della redenzione. I simboli presenti già nella storia sacra sono evidenti nella catasta di legno che Abramo mise sulle spalle del figlio Isacco; richiamano il bastone di Mosè e le opere straordinarie con esso compiute; si ripetono nel serpente di rame issato nel deserto a seguito dei morsi velenosi dei serpenti. Il titolo di vanto per ogni cristiano rimane sempre la croce di Cristo. Il peccato e tutte le debolezze umane individuali e comunitarie che S. Paolo riassume nel termine “mondo”, sono stati annullati dal Crocifisso. La più grande e vistosa sconfitta perpetrata sul monte Calvario e con il legno della croce, diviene segno e strumento di salvezza, guardando il quale si ottiene la guarigione e si rimane in vita. Ciò che era riprovevole un tempo, oggi è esaltato; ciò che era causa di morte oggi è “sorgente d’infiniti beni e della pace” (S. Giovanni Crisostomo). Sulla croce Cristo è stato esaltato. Nella croce il cristiano trova la sua salvezza, nella risurrezione il fondamento della fede. P. Angelo Sardone