417. «Tengo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza» (1Tes 1,3)

_La semina del mattino_
*417. «Tengo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza» (1Tes 1,3).*

La prima Lettera di Paolo ai Tessalonicesi è considerata il primo scritto dell’Apostolo, composta intorno al 50 d.C. nel soggiorno invernale a Corinto. In generale essa traccia _esortazioni di condotta cristiana_ che saranno riprese ed espresse in altre sue lettere. *Tessalonica, l’odierno Salonicco*, si trovava sulla via Egnazia, la strada che collegava l’Italia con Bisanzio. Aveva un porto ed un fertile retroterra. Paolo la raggiunse nel suo secondo viaggio: fu accolto bene dai pagani ma non dai Giudei talmente ostili da suscitare una rivolta contro di lui. Paolo ha un _*grande amore per i Tessalonicesi e li indica come il suo vanto*_. Nell’indirizzo iniziale e nelle felicitazioni introduttive esalta i valori teologali espressi nelle rispettive virtù e nella pratica di vita cristiana. In particolare, *l’impegno operoso nella fede*, _la fatica nell’esercizio della carità_, la _*costante speranza nel Signore Gesù Cristo*_. Queste tre disposizioni cristiane sono il frutto dell’ascolto e dell’accoglienza del Vangelo e determinano praticamente l’azione nella vita della Chiesa locale. Rappresentano parametri sempre attuali e costitutivi dell’essenza della Chiesa che deve necessariamente distinguersi nella prassi di vita dei cristiani a partire da una fede certa, da una carità operosa e da una speranza continua in Cristo. Come Paolo, gli attuali pastori devono essere _autentici e pazienti missionari_ in una società che *respinge questi valori e comunità che facilmente li annacquano*. Oggi la Chiesa ricorda *S. Rosa da Lima* (1586-1617), uno dei primi fiori di santità dell’America Latina. Nella sua bellezza e nel suo ardore di vita dà lustro alla Chiesa ed esalta la grandezza delle virtù cristiane. Auguri a tutte coloro che ne perpetuano il nome. _P. Angelo Sardone_