La semina del mattino
392. «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo» (Gv 11,27).
A Betania, a pochi chilometri di Gerusalemme, dove spesso Gesù si fermava in occasione della sua predicazione in terra di Giudea, vivevano Marta, Maria e Lazzaro. La loro casa era molto ospitale. Marta governava la casa con passione, zelo e fatica e rispondeva perfettamente al suo nome che significa “signora”. Godeva dell’amicizia e della stima di Gesù. Piuttosto ingiustamente, sulla base di quanto riportato dall’evangelista Luca (10,38-42) è ritenuta il prototipo dell’attivista, al contrario della sorella Maria che si pone in ascolto del Maestro. L’episodio della risurrezione di Lazzaro, la riporta in una dimensione più propria con una straordinaria professione di fede in Gesù, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo che potrà fare qualunque cosa. Essa manifesta una grande luce che pervade la sua vita a seguito del buio per la morte del diletto fratello. L’occupazione delle cose materiali non è inutile, ma deve essere sempre relativa a quella destinata alle cose di Dio, che al dire di Gesù, sono “la parte migliore” che non viene tolta. Non si tratta di eliminare qualsiasi forma di attivismo, ma di armonizzare l’azione con la contemplazione in maniera sensata ed equilibrata. Don Tonino Bello aveva intuito una intelligente mediazione coniando un neologismo lessicale da applicare ai cristiani: occorre essere contemplattivo/a. Per disposizione di Papa Francesco nel Calendario Romano Generale la memoria di santa Marta è stata ridenominata dei “Santi Marta, Maria e Lazzaro”. P. Angelo Sardone