2093. «Fedele ministro di Cristo»

La semina del mattino

2093. «Fedele ministro di Cristo» (Col 1,7). Questo epiteto che S. Paolo conferisce ad Épafra, suo compagno nel ministero a Colossi, si applica perfettamente ad uno dei più grandi e noti Padri della Chiesa, la cui valenza ed importanza sono evidenziati dall’appellativo «magno», cioè grande, S. Gregorio Magno (540-604) papa, uno dei quattro primi dottori della Chiesa. Figlio di Gordiano e di S. Silvia, una famiglia aristocratica di Roma, intraprese la carriera politica fino a diventare prefetto di Roma; la lasciò per diventare prima monaco e poi abate del monastero benedettino di S. Andrea al Celio, la sua casa; si applicò in un’intensa, intelligente e multiforme attività per il governo della Chiesa, accomunando una intraprendente azione missionaria soprattutto verso l’Inghilterra, con una solerte sollecitudine caritativa. La sua azione pastorale tocca tutti gli aspetti della vita ecclesiale, dalla liturgia alla legislazione, dal canto che da lui prende il nome di «gregoriano» alla morale, dalla legislazione, all’omiletica. Fondamentali sono i suoi scritti soprattutto i Dialoghi e la cosiddetta Ars Pastoralis, un compendio di alto valore teologico per i vescovi. Accanto a queste attività, coltivò una intensa vita spirituale coltivata prima nella sistematicità del silenzio e dell’occupazione orante in monastero, segnata da una conoscenza profonda della Scrittura, e poi nella frenesia dei suoi impegni istituzionali di papa e reggente della Chiesa in un periodo storico travagliato. In tutto questo fu un’autentica sentinella, sforzandosi di «stare in alto con la sua vita, giovando con la sua preveggenza». Eppure era cosciente di aver ricevuto da Dio «l’elevatezza della vita e l’efficienza della lingua» che lo portarono a non risparmiarsi in nulla, quale fedele ministro di Cristo. P. Angelo Sardone