2052. «Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce»

La semina del mattino

2052. «Mosè parlava e Dio gli rispondeva con una voce» (Es 19,19).

Al terzo mese dall’uscita dall’Egitto, Dio prepara il suo popolo all’alleanza ed attraverso Mosé, con una teofania che diventerà ricorrente in tutto il cammino, gli comunica le modalità di approccio a Lui. Mosé funge da intermediario: parla con Dio e Dio parla a lui con una voce potente, come quella di un tuono. Un atteggiamento analogo lo ha avuto per tutta la sua vita, il maronita libanese San Charbel Makhluf (1828-1898) del quale oggi si celebra la memoria. Fino a qualche decennio fa non era molto conosciuto, nonostante che la sua vita e la fama dei suoi miracoli lo abbiano presentato come il “Padre Pio del Libano”. Ha 23 anni Youssef Antoun quando entra nel monastero di Nostra Signora di Mayfouq, divenendo monaco dell’Ordine libanese maronita e cambia il nome in Charbel, che significa “il racconto di Dio”. Alterna la sua giornata tra contemplazione e preghiera, lavoro nei campi ed attenzione ai poveri e agli ammalati. Lavora, prega, osserva la penitenza col digiuno ed il silenzio. È zelante e vive in una cella poverissima, fino al giorno di Natale del 1898 quando, durante la Messa si sente male proprio al momento dell’elevazione e dopo otto giorni muore. Subito dopo si verificano prodigi sulla sua tomba, da luci intense che la coprono, fino al rinvenimento del suo corpo intatto, con la temperatura corporea di una persona vivente: il suo corpo trasuda un misto di sangue e acqua. Un silenzioso e sconosciuto monaco dedito alla preghiera, amante della povertà, dell’ascetismo e della penitenza, diviene attrazione per tantissimi che ricorrono a lui e ricevono guarigioni dell’anima e del corpo. S. Paolo VI lo beatificò il 1965 e canonizzò il 1977. La sua testimonianza rimane viva ed interessante nel panorama dell’agiografia cristiana. P. Angelo Sardone