2045. «Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono!»

La semina del mattino
2045. «Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono!» (Es 3,14).

Nei suoi primi capitoli, il Libro dell’Esodo dopo aver raccontato la nascita di Mosé in Egitto e, succintamente l’adozione da parte della figlia del Faraone, la sua giovinezza e la fuga in Madian a causa del delitto commesso verso un egiziano, narra la storia della sua vocazione. É il celebre passo del roveto ardente. Ormai Mosé si è stabilito in quella terra facendo il pastore, ha sposato Zippora, una delle sette figlie di Jetro, sacerdote del luogo ed ha avuto un figlio Gherson. Mentre pascola il gregge sul monte Oreb, il monte di Dio, un fenomeno del tutto particolare attira la sua attenzione: un roveto brucia e non si consuma. E da quel roveto ode una voce che gli ordina di togliersi i sandali, di non avvicinarsi perché il luogo è sacro, e, soprattutto, gli confida il piano di Dio per la salvezza del suo popolo Israele prigioniero in Egitto. Mosé si schermisce e, nonostante le rimostranze si arrende dinanzi alle ingiunzioni di Dio ed alla rivelazione del suo nome: «Io sono colui che sono». É il nome del Dio dei suoi Padri. Il racconto è uno dei vertici di tutto l’Antico Testamento. Fiumi di parole sono state scritte al riguardo per il contenuto esegetico del nome e la sua portata teologica. Dio è l’essere che esiste da sé e per se stesso, assoluto, eterno e immutabile. Non si tratta di una definizione nominale, ma l’espressione della sua essenza: Dio è l’Essere in sé (S. Tommaso d’Aquino). Dio non può essere altro che Io sono: è l’onnipotenza, la bontà, i benefici. Nella Bibbia Dio inizia e conclude i suoi comandi sempre con la formula: «Io sono il Signore» (Catechismo Romano). P. Angelo Sardone