1646. «La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non vengono dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza»

La semina del mattino

1646. «La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita non vengono dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza» (1Gv 2,17).

Nel corso dell’ottava del Natale la Liturgia proclama ogni giorno la Prima Lettera di Giovanni. È uno scritto straordinario che si pone in continuità col Quarto vangelo e ripresenta in forma poetica ed essenziale il suo contenuto: l’amore. Le primitive comunità cristiane furono irrorate oltre che dagli scritti di S. Paolo, da queste ispirate comunicazioni che erano vitali per la formazione e l’orientamento cristiano di quanti avevano abbracciato la fede nel Cristo morto e risorto. Le importanti affermazioni afferiscono alla teologia del corpo, intendendo spiegare come l’origine della triplice concupiscenza sia dal mondo. Essa manifesta la rottura nel cuore e nella vita dell’alleanza con Dio a partire dalla prima disobbedienza, la cui conseguenza è stata anche la distinzione del mondo da Dio, e la sua identità di luogo e modo di generare e gestire la concupiscenza. Per sua stessa etimologia essa designa «ogni forma veemente di desiderio umano», moto dell’appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana (CCC, 1515). Per questo porta disordine soprattutto nelle facoltà morali dell’uomo e lo inclina facilmente a commettere il peccato. Sulla base di quanto affermato dall’Apostolo Giovanni la tradizione catechistica cattolica ha identificato nel nono comandamento la proibizione della concupiscenza carnale e, nel decimo, quella dei beni altrui. Ad essa si aggiunge ed è conseguenza la superbia della vita. Di questo, purtroppo, non se ne parla molto, anche da parte di noi sacerdoti e nella catechesi ordinaria. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. P. Angelo Sardone