La semina del mattino
1613. «Coloro che avevano vinto la bestia, la sua immagine e il numero del suo nome, stavano in piedi sul mare di cristallo» (Ap 15,2).
Il terzo atto del dramma escatologico sta per compiersi: l’esecuzione del giudizio, viene preceduta dalla visione meravigliosa dei sette angeli coi sette flagelli, gli ultimi, perché con essi ed in essi si compie «l’ira di Dio», il suo massimo rigore. A questa visione se ne aggiunge un’altra altrettanto meravigliosa, un mare di cristallo mescolato a fuoco sul quale stavano in piedi i vittoriosi della bestia. Il mare di cristallo, espressione della concezione biblica delle acque superiori, si estendeva davanti al trono di Dio. Molto probabilmente il testo rimanda ed allude al Mar Rosso che fu attraversato trionfalmente dal popolo di Israele condotto dal Mosè ed il successivo canto di vittoria (Gn 15). L’Agnello, cioè Gesù, è come un novello Mosè che conduce il nuovo popolo di Dio verso la città santa, la nuova Gerusalemme attraverso il mare di cristallo, cioè il cielo. La sua traversata è lunga e dura fino alla seconda risurrezione. Nel frattempo essi contemporaneamente cantano il cantico di Mosè ed il Cantico dell’Agnello esaltando la grandezza delle opere di Dio, la veracità delle sue giuste vie, e la glorificazione che si deve a Lui perché è santo. Il bellissimo inno è parte integrante della Liturgia che lo colloca, con altri spezzoni, nella preghiera del vespro di alcuni giorni della settimana. La scoperta e la comprensione di questi elementi apocalittici, che riempie di stupore e di curiosità, spero sproni il desiderio di approfondire ulteriormente questi passi che, posti a primo mattino, possono indurre ad aprire il proprio cuore a Dio, attraversando il mare rosso della vita con tutte le sue fatiche e problematiche. P. Angelo Sardone