1449. «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio de denaro, perché non vive più, è morto»

La semina del mattino
1449. «Su, prendi possesso della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di dartela in cambio de denaro, perché non vive più, è morto» (1Re 21,15).

La predicazione e l’opera profetica di Elia viene fortemente contrastata dall’infedele re Acab, dominato da sua moglie, la fenicia Gezabele che aveva introdotto i culti pagani distogliendo il popolo dal vero Dio. Le situazioni si susseguono e diventano occasioni propizie perché il re, aizzato dalla moglie, possa compiere soprusi e seminare violenza. È il caso classico di Nabot, un uomo di Izsreel, che non voleva vendere per nessun motivo al re la sua vigna, ereditata dai padri e confinante con la reggia, vittima di un assassinio. Ci pensò la perfida Gezabele che aveva sentenziato al re «te la farò avere io la vigna di Nabot», ad istruire un vero e proprio processo diffamatorio e pieno di falsità contro quel povero uomo riuscendo a farlo condannare a morte per lapidazione da parte degli anziani e notabili della città e sottraendogli la vigna. Vittoriosi entrambi vengono in possesso della vigna trafugata e sottratta con inganno infame. Il profeta farà la sua parte in questo cinico delitto tirando in ballo la giustizia di Dio. Casi analoghi si ripetono continuamente nella vita della società di ogni tempo, laddove il sopruso dei potenti e dei forti mette a morte le deboli forze dei poveri e degli onesti che non vogliono rinunziare alle cose alle quali sono legati affettivamente e sono costretti a subire ricatti e violenze inaudite. La storia sacra deve insegnare soprattutto il senso, il valore ed il peso marcato della giustizia di Dio che non si fa attendere. P. Angelo Sardone