1448. «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto d’Israele»

La semina del mattino

1448. «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto d’Israele» (Ez 17,22).

Il libro di Ezechiele, il terzo dei profeti maggiori, si presenta bene ordinato e si divide in quattro parti principali, la prima delle quali contiene discorsi di minaccia prima della caduta di Gerusalemme. Appartiene al profeta omonimo che era sposato ed anche sacerdote e che operò tra gli esiliati a Babilonia tra il 593 ed il 521 a.C. essendo stato anch’egli deportato da Nabucodonosor. Dopo la spiegazione fatta in prosa, riprende in forma poetica l’annunzio della restaurazione futura ad opera di Dio, con la cosiddetta era messianica. È attorno al Messia che si sviluppa la nuova era che caratterizzerà la storia e la vita del popolo di Israele. La simbologia, che è tipica della predicazione profetica, con lui e la sua azione, tocca vertici molto alti anche dal punto di vista letterario e poetico. Al popolo che si trova in esilio sono venuti a mancare la terra, il tempio, ed ancor di più la fiducia nel futuro. Sembra essere rimasto come un cedro che però è in stato infruttuoso per la vistosa infedeltà del popolo. Dalla sua cima imperiosa Dio stacca un ramoscello per trapiantarlo sul monte Sion, dove diventerà un albero rigoglioso. La situazione di buio nella vita, determinata dall’allontanamento dal Signore, viene illuminata dall’intervento che Dio stesso fa: a Lui basta anche un piccolo ramoscello staccato dalla cima del nostro albero di vita, cioè la testa ed il cuore che sono elementi pensanti, per trapiantarlo altrove e fare rinascere con la speranza la vita nuova. P. Angelo Sardone