1389. «Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele»

La semina del mattino
1389. «Egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele» (At 9,15).

Nel capitolo 9 degli Atti degli Apostoli, Luca colloca il racconto della conversione di Paolo, narrazione che sarà ripetuta altre due volte pur con differenziazioni dovute a motivi letterari ed a contesti diversi. Sicuramente la ripetizione, secondo i criteri letterari scelti, vuole mettere in evidenza l’importanza dell’avvenimento. Il contesto è chiaro: armato di santo zelo, Saulo ha avviato una feroce azione persecutoria nei confronti dei cristiani anche fuori Gerusalemme. Latore di lettere del Sinedrio mentre è in viaggio verso Damasco, capitale della Siria, a 250 km circa, per farsi autorizzare a tradurre legati in carcere i cristiani, chiamati inizialmente «seguaci della Via», viene gettato a terra. Una luce folgorante lo acceca; una voce incalzante lo rimprovera. É Gesù risorto che si identifica nei cristiani perseguitati e lo invita ad entrare nella città perché gli sarà comunicato quello che deve fare. Quasi contemporaneamente ad Anania, un giudeo osservante ivi residente e convertito al Cristianesimo lo stesso Gesù in visione gli intima di andare a cercare nella casa di Giuda, Saulo di Tarso che ivi risiedeva da tre giorni completamente cieco. Gli indica inoltre nel grande persecutore lo strumento da Lui scelto per portare il lieto annunzio del suo nome a tutti. Non sono rari i casi nei quali i più violenti oppositori, all’impatto vero con la grazia di Dio, si trasformano in zelanti e coraggiosi apostoli del Regno. Per fare questo è comunque necessario che siano scalzati dalle loro sicurezze, resi ciechi nelle loro certezze e completamente si affidino a chi deve guidarli per la nuova strada. P. Angelo Sardone