1380. «Il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, la setta dei sadducèi, pieni di gelosia, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica»

La semina del mattino
1380. «Il sommo sacerdote con tutti quelli della sua parte, la setta dei sadducèi, pieni di gelosia, presi gli apostoli, li gettarono nella prigione pubblica» (At 5,17).

I miracoli operati da Dio attraverso gli Apostoli a Gerusalemme cominciarono a fare scalpore in mezzo alla gente, tanto che molti provenienti da città del circondario portavano davanti a loro persone tormentate da spiriti immondi e tutti erano guariti. La cosa cominciò ad interessare fortemente la casta sacerdotale composta prevalentemente da sadducei, non tanto per l’ordine pubblico che era in agitazione, quanto per espliciti motivi di invidia e gelosia. L’ostilità diventava sempre più evidente e tutti gli Apostoli erano coinvolti mentre coraggiosamente esprimevano il loro ministero. In questa maniera andava preparandosi il distacco definitivo dal Giudaismo con la nascita del Cristianesimo con criteri e modalità differenti. La gelosia è un argomento che spesso tornerà nella vita delle comunità cristiane, tanto è vero che gli scritti neotestamentari prendono posizioni ferme per combatterla. S. Paolo l’annovera tra le «opere della carne» (Gal 5,20). La lettera di Giacomo la bolla come origine «del disordine e di ogni sorta di cattive azioni» (Gc 3,16). Anche se relegato nella sfera inconscia dell’individuo questo comportamento tende a creare una stabilità fondata sul proprio io, la cui difesa crea il sentimento di gelosia a tutti i livelli ed in tutti i campi della vita sociale ed anche ecclesiale, dove si crea divisione e mancanza di gioia. Questa inquietudine cattiva che non tollera «che un altro abbia qualcosa che io non ho, apre le porte alle cose cattive» (Papa Francesco). É una malattia che va curata con immediatezza e grande serietà spirituale a tutti i livelli. P. Angelo Sardone