1379. «Nessuno era bisognoso: quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno»

La semina del mattino
1379. «Nessuno era bisognoso: quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno» (At 4,34-35).

Nella primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, la comunione di amore si coniugava con la comunione dei beni. Essere un cuor solo ed un’anima sola implicava naturalmente l’aiuto fraterno e la condivisione dei beni materiali. Infatti, mettere in comune qualcosa, sin dall’antichità era considerato un segno di vera amicizia. La legge evangelica veniva così attuata, sotto lo sguardo e la responsabilità del Collegio apostolico. Non si rinunziava al possesso lecito e necessario dei propri beni, ma li si metteva a disposizione dei bisogni degli altri, anche a venderli, pur di andare incontro alle necessità altrui. La vendita veniva poi effettuata man mano che si presentava qualche esigenza particolare. È questo un frutto autentico del Vangelo di Gesù che durante la sua vita aveva dato agli Apostoli insegnamenti adeguati e prove concrete di come vivere la comunione fraterna e dei beni. La comunità degli Esseni, secondo le testimonianze storiche reperite, in questo settore aveva una organizzazione rigida di vita comunitaria. A questo modello di riferimento sin dagli inizi del Cristianesimo si ispirarono i Padri della Chiesa per la costituzione delle prime Comunità. Un esempio classico è quello di S. Agostino. Nel rito della professione perpetua dei religiosi e delle religiose viene evidenziato questo aspetto quando si dice: «Ora fai parte di questa famiglia religiosa. D’ora innanzi tutto sarà in comune fra noi». P. Angelo Sardone