1376. «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato»

La semina del mattino

1376. «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,19-20).

Tirati fuori, prima dalla prigione e poi dal Sinedrio, i due impavidi Apostoli Pietro e Giovanni replicano con coraggio e fermezza le verità per le quali erano stati condotti nel carcere. I capi tutti, ben coalizzati, erano sbalorditi per il loro linguaggio, trattandosi di uomini semplici ed illetterati. Non potendo resistere alla loro fermezza e rendendosi conto che effettivamente erano stati con Gesù, si limitarono ad ingiungere loro di non insegnare nel nome di Gesù. A questo punto i due sbottarono: «Se è lecito davanti a Dio ascoltare voi o lo stesso Dio, giudicatelo voi! Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed udito». Queste ultime cose affermate con estremo coraggio crearono tanto imbarazzo nei membri del Sinedrio ed inchiodarono nel silenzio i loro accusatori e giudici che non avendo altro modo per punirli, li lasciarono andare. Si profila qui il principio sacrosanto di resistenza da parte dei cristiani e non, davanti ad ingiunzioni contrarie alla coscienza. Questo tema antico e sempre nuovo con precedenti autorevoli anche nel mondo classico, che indica la libertà di coscienza dinanzi ad imposizioni gravi che vanno contro la natura, il retto buonsenso e la dimensione spirituale che è insita in tutti gli uomini, ha la sua perenne attualità fondata sulla supremazia dell’autorità di Dio su quella umana. Occorre riflettere seriamente su queste tematiche, laddove una erronea libertà di coscienza lassa e non retta, asservita ad ideologismi politici ed a compromessi utilitaristici, ha fatto e fa fare anche ai cristiani passi che non si allineano per nulla alla legge ed alla autorità divina stampata nella profondità della coscienza. P. Angelo Sardone