1346. «Non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervice, divenendo peggiori dei loro padri»

La semina del mattino
1346. «Non mi hanno ascoltato né prestato orecchio, anzi hanno reso dura la loro cervice, divenendo peggiori dei loro padri» (Ger 7,26).

Nella presentazione liturgica dei testi del Vecchio Testamento che la Liturgia propone nel periodo quaresimale, vi e un richiamo costante alla memoria della storia del popolo di Israele, corredata da fedeltà e rifiuto di Dio. La storia in quanto tale e la parola dei profeti sistematicamente rinnova l’esortazione a seguire il Signore, a ricordarsi di quanto ha operato con i padri ed a compiere azioni degne di maturità e di adesione obbediente a Dio. In una sezione dei suoi oracoli sul vero culto a Jahwé, il profeta Geremia ribadisce la volontà di Dio, l’ascolto cioè della sua voce. Facendo poi riferimento ad un culto senza fedeltà, rievoca la situazione dei Padri ostinati e ribelli. Il fine dell’intervento di Dio è la felicità dell’uomo a patto di camminare sulla strada prescritta. Ma questo ripetutamente non è avvenuto: nel cammino dell’Esodo essi si sono ostinati. Tuttora non è cambiato il tenore del loro agire, rischiando di diventare peggiori dei padri per la dura cervice e l’attrazione verso facili accomodamenti delle prescrizioni e della sequela di altri dei. Fa sempre molto pensare questa trattazione che non è di altri tempi ma che sembra fotografare per grandi linee la situazione attuale. L’ostinazione ottusa verso princìpi di verità, di buonsenso e di sacralità, diffusa in tutti contesti civili e talora anche religiosi, mette a dura prova la pazienza di Dio; gli insegnamenti dati da chi di dovere sembrano navigare nel nulla. Così si diventa davvero peggiori di chi nel passato può avere osteggiato la verità e continuato a camminare sulla vita di una palese menzogna. P. Angelo Sardone