1340. «Estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento lo vendettero agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto»

La semina del mattino
1340. «Estrassero Giuseppe dalla cisterna e per venti sicli d’argento lo vendettero agli Ismaeliti. Così Giuseppe fu condotto in Egitto» (Gen 37,28).

La Liturgia della Parola del Tempo di Quaresima è varia. Con un criterio didattico, soprattutto nella prima lettura della Messa giornaliera, essa presenta situazioni, persone e fatti particolari che ruotano a temi di penitenza e sono di grande insegnamento. Oggi è il caso di Giuseppe, venduto dai fratelli. Si tratta del figlio più amato da Giacobbe perché avuto in vecchiaia, un ragazzo straordinario per via dell’intelligenza che il Signore gli aveva concesso. Ciò destava nel cuore degli altri fratelli invidia e gelosia perché lo ritenevano un privilegiato e cercavano in ogni modo di sbarazzarsene. L’occasione fu data loro direttamente dal padre che inviò il suo giovane figlio a far loro visita a Datan dove si trovavano con le greggi. Ci volle tutta la fine astuzia di Ruben, il primo dei figli di Giacobbe, per impedire che il ragazzo fosse ucciso, come sbranato da una bestia feroce. Il Signore poi fece il resto permettendo che fosse venduto ad una carovana di mercanti diretti in Egitto. È ciò fu la salvezza sua e dei suoi fratelli, per quello che poi avverrà sia in Egitto che nella Palestina per via della carestia e della mancanza di grano. Da un evento tragico e disumano scaturirà un tratto storico importante che segnerà la rinascita di un popolo che dopo 430 anni, moltiplicatosi, con la guida di Mosé raggiungerà, col cammino di 40 anni, la Terra Promessa. Qui darà inizio ad un nuovo ed importante capitolo della sua vita. Gli eventi più dolorosi e misteriosi a volte si rivelano un vero e proprio disegno di Dio. Succede anche oggi. P. Angelo Sardone