1335. «Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito»

La semina del mattino

1335. «Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito» (Gen 22,12).

Il patriarca Abramo viene definito dalla Scrittura «padre nella fede». E ben a ragione. Tutta la sua vicenda umana si muove all’insegna della fede, sin dal primo momento, quando ascolta la voce del Signore e si mette a suo servizio con docilità incomparabile. La sua situazione di vita è particolare soprattutto di fronte alla Parola di Dio che gli promette discendenza e posterità numerosa. È anziano, sua moglie è sterile ed anch’essa grande di età. Ma lui ha fede, si fida cioè ciecamente di Dio. E Jahwé gli dona un figlio che chiama Isacco. È ancora un ragazzo, quest’ultimo quando il Signore gli chiede di sacrificarlo a Lui. Povero uomo: ha desiderato tanto e tribolato per averlo ed ora gli viene chiesta una cosa particolarmente grande e dolorosissima, fuori di ogni logica umana. Il testo della Genesi e poi ancora la riflessione postuma in altri libri della Bibbia esalta la solida fede di questo uomo che, mettendo da parte sentimenti e vedute umane, obbedisce a Dio. È questo il punto culminante della sua fede. L’imbarazzo del figlio nella intera vicenda del cammino, della sosta sul monte, della preparazione di legna e fuoco per l’olocausto ha caratteri suggestivi, propri una ripresa cinematografica ad effetto. Il tutto si risolve positivamente perché l’Angelo di Dio ferma la mano del patriarca, titubante e nello stesso tempo decisa, che si stava alzando per colpire a morte il figlio. Lo sostituisce un ariete impigliato nella vicina folta vegetazione. Dio premia la sua fede rendendolo «prototipo» per chi vuole maturare una fede autentica. P. Angelo Sardone