1333. «Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore. Ascolta dunque, casa d’Israele: non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?»

La semina del mattino
1333. «Voi dite: Non è retto il modo di agire del Signore. Ascolta dunque, casa d’Israele: non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?» (Ez 18,25).

Nei rapporti con Dio non ci si può comportare come con gli uomini. Le relazioni sono differenziate perché sono differenti i soggetti e le modalità. Dio è Dio, onnipotente, onnisciente, totalmente altro. L’uomo è uomo perché limitato, finito, peccatore. Il rapporto è sempre e comunque di sudditanza e non alla pari. Dio ha voluto in tutto farsi simile agli uomini nel suo figlio Gesù che ha assunto la natura umana, fuorché il peccato, per essere salvezza dell’uomo, redenzione dai peccati, per ricondurre l’uomo alla primitiva dignità di figli di Dio. Ma non per questo sono state abbattute le diversità insite nella stessa natura. La Sacra Scrittura spesso riporta avvenimenti che sottolineano un’alzata di cresta dell’uomo dinanzi all’agire di Dio ritenuto ingiusto o non opportuno nei suoi interventi. Le questioni giuridiche che si riscontrano, trovano Dio non succube dell’uomo, anche se scende a colloquio con lui e lo istruisce sul vero senso della giustizia. Il caso riportato dal profeta Ezechiele esplicita bene questa realtà. Dio richiama la responsabilità personale dell’uomo nel suo agire, dal momento che è tentato di rinfacciare a Dio il suo modo di comportarsi, ritenendo non retta la sua condotta e di chiederne ragione. Dio a sua volta con fermezza e senza esitazione rinfaccia all’uomo il suo comportamento e la sua condotta. Nella faciloneria con la quale spesso ci si confronta con Dio, occorre stare sempre molto attenti, per non sentirsi menzionare nell’intimo situazioni, modi di fare e comportamenti non consoni al Suo amore ed alla Sua giustizia. P. Angelo Sardone