1308. «Ecco il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita»

La semina del mattino
1308. «Ecco il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita» (2Sam 16,11).

Le vicende storiche della vita di Davide passano dai grandi trionfi alle lotte familiari, agli errori, agli odi e querele che esistevano a corte, frutto anche della poligamia. Assalonne, il figlio avuto da Maacha, giovane promettente ed esuberante, vuole accaparrarsi del regno. È molto lodato per la sua bellezza. Si è macchiato di un grave delitto, l’uccisione di un suo fratello, Amnon che aveva violentato la sorellastra Tamar e per questo era stato costretto a fuggire. La sua capigliatura era rinomata dal momento che si tagliava i capelli una volta l’anno. Erano altrettanto grandi le sue ambizioni per le quali mosse guerra al padre arrivando finanche a pensare di ucciderlo per impossessarsi del regno e facendosi proclamare re ad Hebron. Le sue capacità di accoglienza della gente avevano ammaliato tanti che si erano schierati dalla sua parte. Si giunse così ad una feroce battaglia nella foresta di Efraim. Davide aveva dato ordine di risparmiare la vita del figlio. Nella battaglia Assalonne però fu sconfitto e costretto a fuggire sopra un mulo a dorso scoperto. La sua folta capigliatura si impigliò tra i rami di una quercia e rimase così appeso finché un soldato di Davide, Joab, lo infilzò. Il dolore di suo padre Davide quando apprese la notizia fu davvero grande e struggente. Le sue considerazioni furono dolorose sia nella presa di coscienza che il figlio voleva ucciderlo, sia poi alla triste notizia della sua morte. Sulle ambizioni del figlio e sul suo malgoverno ebbero la meglio i sentimenti di pietà e di dolore. È proprio vero che in circostanze drammatiche e dolorose come queste devono prevalere quei sentimenti profondi che esaltano la carne ed il sangue, il vincolo umano più sacro. P. Angelo Sardone