1304. «Un certo Ananìa, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi»

La semina del mattino
1304. «Un certo Ananìa, venne da me, mi si accostò e disse: “Saulo, fratello, torna a vedere!”. E in quell’istante lo vidi» (At 22,13).

La celebrazione annuale della conversione di S. Paolo evoca il senso della scoperta profonda della fede cristiana che passa talora sia da situazioni di assoluta compattezza mentale e comportamentale che da momenti di estremo disagio e sofferenza. La storia di Saulo, sin dall’adolescenza fervente osservante della legge giudaica e zelante fariseo, cresciuto alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme dei Padri si amplia e concretizza nell’adesione altrettante fervente e zelante a Cristo. La forte esperienza vissuta sulla via per Damasco mentre furente contro i cristiani ivi si recava per tradurli in prigione, lo fece uscire dalla sua prigione nella quale era confinato per via di una ferrea adesione alla Legge non irrorata dalla novità di vita immessa dalla predicazione e dalla testimonianza cruenta del Maestro di Nazaret. La grande luce vista mentre cadeva a terra irruppe nelle tenebre del suo rigore farisaico e gli tolse la vista degli occhi per aprirlo alla autentica vista del cielo. Fu per lui come la morte: non potendo vedere nulla al di fuori, provvide a guardare meglio dentro, dove scoprì nel rapporto intimo con quel Gesù che perseguitava, la verità eclatante della fede nuova che poteva rivoluzionare la sua vita e quella degli altri. La mediazione costituita da Anania, giudeo cristiano cui fu inviato, fu efficace: le sue preghiere e l’imposizione delle sue mani ridiedero la vista a Paolo. La vera conversione del cuore e della vita nasce dalla rinunzia effettiva di ciò che era prima, per dare posto ad una novità di vita che coinvolge e rende tutto diverso. P. Angelo Sardone