1293. «In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore»

La semina del mattino

1293. «In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore» (1Sam 3,7).

L’odierna liturgia domenicale ripropone la chiamata di Samuele nel tempio di Silo. Sono diversi gli elementi che la contraddistinguono: il servizio al Signore sotto la guida del sacerdote Eli; la rarità della Parola di Dio e delle visioni concesse da Dio ai suoi fedeli; la lampada di Dio sempre accesa; il riposo notturno accanto all’Arca di Dio che conteneva le tavole della legge ed indicava materialmente la presenza di Jahwé. La visione notturna è tutta particolare: non si tratta di un sogno, ma di una vera e propria rivelazione che, data la sua età e la mancanza di conoscenza del Signore, Samuele non sapeva distinguere né riconoscere. La presenza del Signore viene descritta come un «venire e stare accanto», cui segue la chiamata vocale. Inconsapevole di quanto stava avvenendo il ragazzo, obbediente ed attento, corre per due volte da Eli, il sacerdote che era suo maestro nel tempio, certo di essere stato da lui chiamato. Al suo ripetuto diniego torna prontamente a dormire. Solo Eli comprende che si tratta di un fatto straordinario nel quale il soggetto è Dio. L’immediato e chiaro discernimento che compie lo rende certo che si tratta di un fatto soprannaturale e che il ragazzo è il destinatario di una vera e propria vocazione divina alla quale deve rispondere solamente «Eccomi! Parla Signore perché il tuo servo ascolta!». È indispensabile il ruolo, la saggezza e la prudenza di chi guida spiritualmente, nell’individuare i segni e l’autenticità di una chiamata perché chi la riceve ne abbia certezza e sia incoraggiato a seguire il Signore. Non ci si può improvvisare guide di anime. I principianti, religiosi e laici, devono crescere e non azzardare! Occorre umiltà, maturità di vita e di fede. P. Angelo Sardone