1290. «Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima. Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti?»

La semina del mattino
1290. «Guai a noi, perché non è stato così né ieri né prima. Guai a noi! Chi ci libererà dalle mani di queste divinità così potenti?» (1Sam 4,8).

I libri della sacra Scrittura non sono meramente storici, sono prima di tutto teologici. Per cui dopo gli elementi strettamente biografici, nelle storie dei diversi personaggi, spesso si passa a quelli legati alla loro missione. Così avvenne anche per Samuele che fu costituito da Dio e riconosciuto dal popolo ebreo come profeta. Al suo tempo Israele era in rotta con i Filistei e le battaglie non erano affatto semplici, dal momento che spesso subivano pesanti sconfitte. La loro forza era il Signore e l’Arca dell’Alleanza che era custodita nel tempio a Silo. A seguito di una delle sconfitte gli Israeliti pensarono bene di recuperarla e di tenerla con sé anche nella battaglia. Un alto grido, udito dagli stessi nemici, segnò il suo ritorno tra le truppe. I nemici la temevano più di quanto potessero temere le truppe ebree perché riconoscevano la potenza della divinità e l’efficacia vittoriosa della sua presenza. Le cose comunque non andarono proprio così, dal momento che l’esercito d’Israele per l’ennesima volta, nonostante tutto, fu sconfitto. Tremila fanti caddero unitamente ai due figli di Eli che aveva raggiunto i 98 anni di età ed era quasi cieco dopo essere stato giudice per quarant’anni. Tante volte, come in questo caso, il Signore permette sonore sconfitte nonostante la sua indubbia presenza, per richiamare gli uomini ai loro doveri fondamentali di vita e di fede ed anche per preparare gli eventi della storia ad inaspettate novità che evocano il senso pieno della potenza di Dio e di chi si fida di Lui. P. Angelo Sardone