1268. «Àcaz rispose: Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore»

La semina del mattino
1268. «Àcaz rispose: Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore» (Is 7,12).

Il cosiddetto «Libretto dell’Emmanuele» è la nota composizione storico-teologica riportata nel libro del primo Isaia (765-700 a.C.) ed abbraccia i capitoli che vanno dal 7 al 12. Il testo liturgico odierno narra il secondo intervento di Isaia che si colloca intorno al 732 a.C. al tempo della guerra siro-efraimita. Riportando le parole di Dio, il profeta ingiunge ad Acaz re di Giuda, di chiedere un segno, per avere la certezza dell’assistenza divina per difendersi dalla coalizione bellica costituita da Pekach re d’Israele e Rezin re di Damasco, che, al suo rifiuto nel coinvolgimento nella guerra contro Tiglat Pileser III re di Assiria, gli avevano mosso guerra. Il rifiuto opposto ai due re, si riverbera nel rifiuto posto a Dio motivato dal non voler tentare il Signore quasi a mettere alla prova la sua onnipotenza. Come dicono alcuni esegeti il motivo era dato dal fatto che aveva sacrificato un suo figlio al dio Moloch e che già nel suo cuore aveva deciso di rivolgersi al re di Assiria, mettendosi sotto la sua tutela e tradendo così l’alleanza che lo legava a Jahwé. Il profeta allora lo rimprovera per la sua ostinazione e palese infedeltà, avvertendolo che sarà Dio stesso a dargli il segno della «vergine che concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». La fedeltà al Signore ed al suo patto è l’elemento costitutivo del popolo di Israele e la fonte della sua prosperità. Venendo meno al patto tutto si stravolge e le conseguenze sono nefaste. Nella vita di ogni giorno del cristiano, la fedeltà all’impegno battesimale costituisce il «proprium» della sua esistenza e si attira la benedizione propiziatrice del Signore che è segno di prosperità, felicità e pace. P. Angelo Sardone