1250. «Il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbediranno»

La semina del mattino

1250. «Il regno, il potere e la grandezza dei regni che sono sotto il cielo saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e gli obbediranno» (Dn 7,27).

La Scrittura apocalittica, a partire da Daniele, non è di facile ed immediata comprensione. Una buona introduzione può aiutare ad immettersi dentro questo mondo particolare che si amplierà nel testo neotestamentario che chiude la Bibbia, l’Apocalisse. Lo stesso Daniele confessa di essersi sentito venir meno, tanto le visioni nel sogno lo avevano turbato. Uno vicino a lui gli spiega che le quattro bestie non sono altro che quattro re che sorgeranno dalla terra, in particolare il quarto con i suoi successori, avrà poteri straordinari di distruzione e di dominio della terra, di insulti verso Dio, fino a quando gli sarà tolto il potere e sarà sterminato. Solamente allora, gloria, potere e grandezza saranno riconsegnati al popolo dei Santi, Israele, e saranno consolati gli afflitti. Al male della distruzione farà seguito il bene col suo trionfo; ai tempi del dolore si alterneranno tempi di gioia e di salvezza che vengono da Dio. Questa è la logica divina: la strada della tribolazione e del dolore porta alla pace ed alla serenità. Per raggiungerle occorre affidarsi a Dio che opera il suo piano di salvezza attraverso il suo Figlio Gesù Cristo. Il potere mondano sarà vinto dalla pazienza dei Santi che con la loro perseveranza salveranno il mondo. In questo ultimo giorno dell’anno liturgico il segno della speranza dato da queste parole misteriose, nonostante la lotta quotidiana in ogni ambito dell’esistenza umana, diventano per l‘uomo e la donna di oggi una promessa che orienta la loro storia e la risolve in bene. La salvezza, la forza ed il regno di Dio si sono compiuti in Cristo, fatto uomo, morto e risorto. P. Angelo Sardone