1152. «Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide»

La semina del mattino

1152. «Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide» (Is 22,21-22).

Nella serie di oracoli del Primo Isaia che si caratterizzano col titolo di «contro», ve n’è uno, l’unico, che si riferisce ad un privato. A Gerusalemme uno straniero, Sebna, era il maggiordomo, la carica più alta di servizio del re Ezechia e di egemonia personale. Il suo ruolo gli consentiva di scavarsi un sepolcro nella rupe e di agire con una certa arroganza e corruzione. Questo atteggiamento non piace al Signore: per questo lo destituisce trattandolo come una palla che rotola, insieme coi suoi carri. Al posto suo pone Eliakim, un semplice servo che riveste di tunica e sciarpa, elementi che segnano visibilmente il potere, e pone sulle sue spalle la chiave della Casa di Davide, compito tipico del maggiordomo, perché possa aprire e chiudere. L’elemento determinante è però la sua nuova identità di «padre per gli abitanti di Gerusalemme ed il casato di Giuda». La medesima funzione, per espresso volere di Cristo, è propria dell’apostolo Pietro: a lui il Maestro conferisce lo speciale mandato apostolico e pastorale col segno delle chiavi ed il potere di aprire e chiudere, legare e sciogliere. Di lui il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa, costituendolo pastore di tutto il gregge con potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente. Analogo incarico è stato anche concesso al collegio degli Apostoli, unito col suo capo (LG, 22). Queste non sono cose opinabili perché costituiscono uno dei fondamenti della Chiesa (CCC, 881) e sono oggetto certo della fede (LG, 18). P. Angelo Sardone