1144. «Giosuè disse al popolo: se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà. Il popolo rispose: No! Noi serviremo il Signore»

La semina del mattino

1144. «Giosuè disse al popolo: se abbandonerete il Signore e servirete dèi stranieri, egli vi si volterà contro e, dopo avervi fatto tanto bene, vi farà del male e vi annienterà. Il popolo rispose: No! Noi serviremo il Signore» (Gs 24,20-21).

L’Assemblea di Sichem è un punto nevralgico della storia del popolo d’Israele nel suo definitivo insediamento in Palestina. Costituisce l’evento della presa di coscienza e dell’impegno rinnovato di adesione totale a Dio. Le capacità organizzative e religiose di Giosuè fanno la differenza in questa tappa miliare del cammino storico e teologico del nuovo popolo di Dio generato dai reduci dei quarant’anni dell’esodo. Il momento è sacro, solenne ed impegnativo; le parole della guida sono chiare ed inequivocabili. Altrettante quelle di adesione del popolo che ha compreso finalmente, sull’onda di quel che ha imparato a sue spese, che con Dio non si scherza: Egli è fedele e geloso e le conseguenze di un patto infranto per leggerezza o inopportuna convenienza si pagano caramente. L’intelligente provocazione di Giosuè mira a condurre il popolo ad una professione di fede in Dio, che implica il servizio, la testimonianza e l’ascolto della sua voce. Tanti anni fa il cardinale Carlo M. Martini imbevuto di questo spirito biblico, propose analoga esperienza alla sua diocesi di Milano con buoni risultati pastorali. Per le nostre Chiese, soprattutto ora, dopo gli eventi della pandemia e le sue preoccupanti conseguenze, c’è bisogno di richiamare il popolo di Dio alla manifestazione di una precisa scelta di fede, chiara ed inequivocabile che abbracci tutta la comunità, soprattutto i giovani, e si muova anche sull’onda straordinaria della recente Giornata Mondiale della Gioventù, perché nella ordinarietà porti i frutti sperati. P. Angelo Sardone