1142. «Il Signore disse a Giosuè: oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele, perché sappiano che, come sono stato con Mosè, così sarò con te»

La semina del mattino

1142. «Il Signore disse a Giosuè: oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele, perché sappiano che, come sono stato con Mosè, così sarò con te» (Gs 3,7).

Dopo la morte di Mosè, Jahwé designò Giosuè, della tribù di Efraim, come suo successore. Aveva ottant’anni. Era stato luogotenente del grande condottiero, inviato da lui ad esplorare la terra di Canaan prima dell’ingresso. Le sue gesta sono contenute nel libro biblico che porta il suo nome e che potrebbe essere considerato come un «esateuco», cioè un sesto libro dopo il Pentateuco. In esso è tratteggiato l’insediamento del popolo eletto nella Terra promessa, dal passaggio del fiume Giordano fino all’Assemblea di Sichem. In lui i Padri della Chiesa hanno visto una sorta di prefigurazione di Gesù, già dalla radice stessa del nome (Dio salva), il passaggio del Giordano, il battesimo cristiano, la conquista della terra, l’espansione del Cristianesimo. Giosuè era nato in Egitto, vissuto accanto a Mosè nella peregrinazione dell’esodo, lo accompagnò per un tratto sul monte Sinai e dopo la perlustrazione della terra gli offrì notizie confortanti di quel territorio, al contrario degli altri esploratori che l’avevano invece denigrato. La designazione fatta da Mosè è confermata da Dio stesso in una sorta di continuità dalla quale appare chiaramente che la guida suprema appartiene solo a Dio. Coraggio, fede, entusiasmo e fedeltà sono gli elementi che lo caratterizzano e lo rendono agli occhi di Dio persona di valore, in grado di continuare le gesta di Mosè, con la garanzia di essere sostenuto e guidato da Dio stesso, dall’ingresso nella Terra promessa fino alla sua morte, avvenuta a centodieci anni. P. Angelo Sardone