1119. «Siamo tribolati, ma non schiacciati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù»

La semina del mattino
1119. «Siamo tribolati, ma non schiacciati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù» (2Cor 4,8-9).

La Chiesa ricorda oggi la festa dell’apostolo Giacomo, il «maggiore», fratello di Giovanni, entrambi figli di Zebedeo, e primo tra gli Apostoli a rendere testimonianza a Gesù morendo martire l’anno 42 d.C. ad opera di Erode, Agrippa I. Sempre presente accanto a Gesù, uno dei discepoli prediletti, è da Lui coinvolto nei momenti più importanti della sua rivelazione, dalla Trasfigurazione alla notte del Getsemani. Il suo nome è legato già in epoca medievale al cammino ed al celebre santuario di Santiago di Compostela in Spagna, dove secondo la Tradizione avrebbe predicato il Vangelo e dove tuttora, continua il pellegrinaggio di persone di tutte le età e di tutto il mondo. Il percorso è di 800 km e il cammino dura circa un mese. A Lui si applicano le mirabili espressioni di S. Paolo che ha vissuto analogamente situazioni di fede e di tribolazioni e coronato il tutto con la grazia singolare del martirio. Gesù glielo aveva preannunziato quando, rispondendo ai due figli di Zebedeo, affermò: «Il mio calice lo berrete» (Mt 20, 23). La testimonianza di Giacomo sottolinea il grande valore della fede che va accolta, vissuta e testimoniata fino all’eroismo in una società ed in una Europa sempre più scristianizzata che necessita di figure che accolgono il mistero di Cristo e lo evangelizzano con coraggio e fermezza. Auguri a tutti coloro che portano questo nome ed a tutti quegli ambienti nei quali la festa è particolarmente sentita e celebrata con solennità e buoni frutti spirituali. P. Angelo Sardone