1113. «Il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!»

La semina del mattino
1113. «Il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io ho visto come gli Egiziani li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!» (Es 3,9-10).

La missione di Mosé è delineata da Dio e si configura nella sua stessa identità: salvato dalle acque è destinato ad essere il collaboratore di Jahwé nella grande impresa della liberazione del popolo ebreo dall’Egitto e nell’esodo definitivo verso la Terra Promessa. La vicenda personale che lo ha visto difensore del popolo contro le sopraffazioni degli Egiziani, lo ha riempito di paure e fatto fuggire. Ha preso in moglie Zippora e pascola le pecore. Ora il Signore gli si rivela nel mistero del roveto che arde e non si consuma. Lo chiama per nome, gli rivela il nome, il Dio dei padri, e gli conferisce la missione: fare uscire dall’Egitto il suo popolo. Dio ha sotto gli occhi le vicissitudini del suo popolo maltrattato ed oberato di fatiche e lavori forzati. Ascolta il grido e ne ha compassione. Per questo sceglie Mosé per attuare il suo progetto di liberazione. Manifestazione teofanica, rivelazione del nome e conferimento della missione, sono il trittico col quale il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe manifesta la sua volontà. Sulla scia del suo predecessore Abramo, Mosé si colloca nella dimensione di fede. Non conosce ancora personalmente Dio, ma obbedisce prontamente fondando la sua disponibilità su quanto ha appreso dalla tradizione della sua famiglia. Dinanzi alle situazioni difficili nelle quali versa il suo popolo di ieri, di oggi è di sempre, Dio interviene con tratti storici e pedagogici, coinvolgendo personalità di eccezione che agiscono in obbedienza e collaborazione. Mosé si affida a Lui non sapendo quanto durerà il percorso e se avrà la gioia di raggiungere la meta. Poco importa: Dio c’è ed è Lui il vero autentico condottiero. P. Angelo Sardone