1108. «Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto»

La semina del mattino
1108. «Non temere di scendere in Egitto, perché laggiù io farò di te una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto» (Gn 46,3-4).

Dopo aver ascoltato con attenzione quanto i suoi figli gli raccontarono delle vicende egiziane e del fatto che Giuseppe non solo era vivo ma governava su tutto l’Egitto, Giacobbe, rinfrancato si determinò a volervisi recare per vederlo. Il suo istinto paterno fu corroborato da una visione nella quale Dio lo rassicurava dell’assoluta mancanza di pericoli e gli intimava di intraprendere il viaggio, così come aveva comandato ad Abramo di partire per la terra di Canaan. È questa, storicamente, l’ultima teofania dell’intera epoca patriarcale. Il progetto di Jahwé prevedeva tutto questo. L’Egitto terra feconda di cultura, potere e benessere materiale sarebbe stato il nuovo punto di partenza con la costituzione del popolo di Israele sotto la guida di Mosè, per tornare definitivamente nella Terra Promessa. La certezza dell’operazione veniva direttamente da Dio che faceva intravvedere lo sviluppo numerico e qualitativo di quelle settanta persone che costituivano l’intera famiglia di Giacobbe, figli, mogli e nipoti. Invece i figli di Giuseppe in Egitto furono due. La storia di Dio si realizza con nuovi inizi. Senza annientare il passato si prospetta un futuro fatto di pienezza, la grande nazione, illuminato dalla presenza e dall’esclusiva opera di Dio. È naturale forse pensare come anche oggi, nella contingenza storica, ambientale e politica non certo facile da ogni punto di vista, in un ambiente scristianizzato con la dispersione dei valori più sacri e naturali, complici anche i cataclismi provocati dalla fatua onnipotenza e scelleratezza dell’uomo, Dio preveda un nuovo inizio con una nuova Chiesa, essenziale, povera, più autentica. P. Angelo Sardone