1074. «Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore»

La semina del mattino

1074. «Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore» (Tb 12,15).

È molto bello l’epilogo della storia di Tobi, Tobia e Sara. Con una maestria letteraria di alto valore sono state raccontate le gesta di una famiglia in balìa di una sorte avversa, dell’esilio a Ninive, della persecuzione subita nonostante il bene fatto, della cecità di Tobi e parallelamente dalla particolare ed angosciante situazione di Sara vessata dal demonio. Per far fronte a tutto questo il Signore ha inviato dal cielo il suo angelo, Raffaele, uno dei sette che stanno sempre al suo cospetto, per metterli alla prova e nel contempo per guarirli. La sua presenza e la sua azione viene da lui stessa enumerata quando nel nascondimento e nel silenzio, come un intercessore, presentava al Signore le lagrime di Sara, le buone azioni di Tobi e le preghiere come un memoriale. Raffaele, il cui nome significa «medicina di Dio», rifiuta il salario e la mercede che Tobia, obbediente al padre voleva consegnargli per tutto quello che aveva compiuto durante e dopo il viaggio, rivela la sua identità e dà connotati essenziali esortativi e dichiarativi sul digiuno, l’elemosina ed il bene da fare al prossimo. L’intento pedagogico del libro è stato adempiuto in maniera adeguata. Non si tratta semplicemente di una storia a lieto fine, ma la dimostrazione concreta che quando si vive ed agisce in sintonia con Dio, anche nelle avversità terribili della vita, la cecità degli occhi, l’impossibilità di portare a termine il progetto di vita perché ostacolati dal demonio, Dio stesso interviene e risolve i problemi. La mediazione angelica non è un costrutto letterario o un «deus ex machina» come dicevano gli antichi poeti e commediografi, ma l’esemplificazione della presenza del Signore che, se anche prova, poi compensa grandemente. P. Angelo Sardone