1066. «Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni»

La semina del mattino

1066. «Facciamo ora l’elogio di uomini illustri, dei padri nostri nelle loro generazioni» (Sir 44,1).

Nel tessere le lodi di Dio e narrare la sua gloria nella natura prima e poi nella storia di Israele, un anonimo pio ebreo del II secolo a.C. fa l’elogio degli antenati, riportato nel libro del Siracide dal capitolo 44 al 50. Si tratta di uomini illustri, o meglio uomini di pietà, che si distinsero nella loro fedeltà a Dio ed alla Legge, insomma, le glorie degli Ebrei. A cominciare da Enoch fino al sommo sacerdote Simone, sono succintamente raccontate le gesta e le peculiarità di alcuni personaggi biblici conosciuti e meno noti, che hanno ricevuto da Dio la sapienza, danno risalto alla storia di Israele ed in trasparenza, alla storia dell’intera umanità. L’elogio serve per conservarne la memoria nella duplice accezione di fedeltà di Dio all’uomo e memoria all’uomo dell’Alleanza, che si tramuta in fedeltà a Dio. Questi esempi sfidano i secoli e si pongono nella considerazione umana e religiosa, come uomini dotati di una fede operosa che fa la differenza da una ostentata con le parole e fumosa. Sul piano di un elogio sensato e pedagogico, si pongono le vite e le opere dei Santi, sia quelli canonizzati che «quelli della porta accanto», in tutti i campi ed i settori della vita sociale e religiosa di ogni tempo, che hanno vissuto in fedeltà a Dio ed ai doni ricevuti, messi a disposizione dell’umanità ed ancora risplendenti. Sono coloro che, al dire di Einstein più che diventare «uomini di successo», sono diventati «uomini di valore». Il successo è effimero, temporaneo e vacillante. Il valore è eterno, solido e convincente. C’è molto da imparare da questi esempi perché il ricordo non svanisca come la rugiada al mattino. P. Angelo Sardone