1006. «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio»

1006. «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio» (Is 42,1).

Il lunedì santo si apre nella liturgia con la solenne dichiarazione di Dio Padre nei confronti del suo Figlio. L’inizio del primo «canto del servo di Jahwé» dà il tono espressivo alla settimana santa appena iniziata. Nella simbologia letteraria e teologica Gesù il Redentore viene indicato con due apposizioni: servo di Dio e suo eletto che gode della compiacenza divina ed è latore del suo Spirito. Le caratteristiche sono innanzitutto quelle della mitezza: non grida, non spezza ciò che è incrinato, non spegne la fiamma smorta. Ma è anche forte: proclama il diritto con verità, non si tira indietro e non si abbatte fino a quando non stabilisce la giustizia. Preso per mano da Dio è da Lui formato, condotto e reso luce per i ciechi e libertà per i prigionieri. Come direbbe Bruna Costacurta, apprezzata biblista, è una «forza nell’apparente debolezza». Il linguaggio profetico di altissimo valore lirico, esprime la grandezza della misteriosa figura del servo. La sua vocazione è quella di Salvatore, investito di una missione particolare al servizio della salvezza, una missione certamente difficile: sano va incontro a chi è malato; forte solleva chi è debole; paziente corregge chi ha fretta; docile alla volontà del Padre che lo ama, induce all’amore. Cristo riveste questi connotati e li realizza in maniera piena nel mistero della sua passione. Il percorso avviato ieri necessita di un impegno giornaliero di ascolto, contemplazione ed attiva risposta che si concretizza in azioni di carità. P. Angelo Sardone