La semina del mattino
2082. «Va’ pure, figlia mia!» (Rt 2,2).
La Liturgia riporta oggi un tratto lirico e teologico della storia del popolo di Israele, al tempo dei Giudici, una sintesi della storia di Rut, la moabita. Alla morte di suo marito, originario di Betlemme, non vuole assolutamente staccarsi dalla suocera Noemi ed insieme con lei ritorna in Giuda diventando spigolatrice. Esortata dalla stessa suocera, sposa Booz, parente del marito. Da questa unione nasce Obed che diventerà il padre di Iesse, padre di Davide. In questo stesso giorno, si celebra la memoria di Isabel Flores de Oliva, ossia S. Rosa da Lima (1586-1617) così chiamata da bambina dalla stessa mamma incantata dalla sua bellezza. Un grande spirito di preghiera, di penitenza e di amore verso i poveri la spinse quando aveva 20 anni, a consacrarsi a Dio con il voto di verginità: divenne Terziaria Domenicana stando in una cella di pochi metri nel giardino della casa paterna e rivivendo nella carne la passione di Gesù, per la conversione degli spagnoli e l’evangelizzazione degli indios. Si applicò con tutte le forze nell’esercizio della carità verso i poveri, gli ammalati e gli esclusi, in una intera vita di sacrifici, con rinunzie e mortificazioni, 12 ore di preghiera al giorno, soprattutto quando la sua famiglia andò in disgrazia economica. Divenne come un giglio tra le spine. Fu dotata di esperienze mistiche, esaminate durante la sua vita e dichiarate «doni di grazia». «Rosa, tu sei questo fiore. Io lo prendo per me», le avrebbe detto Gesù stesso apprezzando il mazzo di fiori che gli aveva portato. Morì ad appena 31 anni: fu beatificata nel 1668 e solo tre anni dopo, canonizzata, la prima dell’America latina. Auguri a tutte coloro che portano il nome di Rosa, perché dai petali preziosi e delicati delle virtù, possano espandere il profumo della bellezza e dell’amore e con le spine del gambo, respingere ogni indebita sollecitazione al male. P. Angelo Sardone