1956. «Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria!»

La semina del mattino
1956. «Cantiamo al Signore: stupenda è la sua vittoria!».

Questo, in sintesi, è il tenore solenne del Sabato Santo, il giorno del grande silenzio e della «sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, la discesa agli inferi ed aspettando, nella preghiera e nel digiuno, la sua Risurrezione». In questo giorno non ci sono celebrazioni liturgiche, non sono celebrate sante Messe e non si può ricevere la Comunione, eccetto che per il Viatico per gli ammalati gravi. Il tutto in attesa della Resurrezione, contemplando il sepolcro nel quale Gesù rimase per circa 40 ore. La sindone è l’icona del sabato santo (Benedetto XVI). A sera ha luogo la veglia pasquale, definita da S. Agostino «madre di tutte le veglie» nel corso della quale la Chiesa è in attesa presso la tomba dove giace il Messia, morto sulla Croce. La dinamica della solenne liturgia vigilare ha un sapore prevalentemente battesimale: innanzitutto è benedetto il fuoco; il cereo pasquale, segno di Cristo risorto viene introdotto solennemente nell’aula liturgica che passa dal buio alla luce splendente e di fronte ad esso si canta il «preconio», antico inno pasquale che ricorda le meraviglie operate dal Signore. La Liturgia della Parola è ricchissima: 9 letture evocano, a partire dalla Genesi, la storia della salvezza, attraverso l’Esodo ed il passaggio del Mar Rosso, sostenuta dalla parola dei profeti. La simbologia continua con la benedizione dell’acqua del battesimo, a significare la morte del peccato e la creazione nuova che riemerge, nel popolo dei figli di Dio, che è stirpe profetica, sacerdotale e regale. Questo popolo ormai rigenerato nel battesimo, canta l’Alleluja e diviene commensale al banchetto dell’Eucaristia, il convito pasquale, mangiando il corpo e bevendo il sangue del Signore. Buona veglia e buon cammino battesimale. P. Angelo Sardone