560. «Andiamo a prenderci l’arca dell’alleanza del Signore perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici»

La semina del mattino
560. «Andiamo a prenderci l’arca dell’alleanza del Signore perché venga in mezzo a noi e ci liberi dalle mani dei nostri nemici» (1Sam 4,3).

La storia del popolo di Israele sin dagli inizi e, soprattutto nell’insediamento nella terra promessa, è segnato da guerre e spargimento di sangue. Il segno della presenza di Dio era l’Arca dell’Alleanza custodita nel tempio di Silo. Al tempo del profeta Samuele è viva e rovinosa la guerra contro i Filistei che era stati prima dominati ed assoggettati. Una sonora sconfitta subìta induce gli Israeliti prima di tutto ad una forma di autocritica e poi alla determinazione di avere con sé sul campo di battaglia l’Arca, come trofeo di salvezza e di sicura vittoria. Prelevata dal tempio l’Arca è condotta sul campo e l’urlo sibilante mette in guardia i nemici che hanno immediatamente la percezione che Dio sia effettivamente in mezzo a loro. Sanno bene come nel passato in Egitto Egli ha liberato il suo popolo con grandi prodigi. Infuria la battaglia ed ancora una volta gli Israeliti, nonostante tutto, sono sonoramente sconfitti ed avviene una strage. Cadono tremila fanti e l’Arca è requisita. Muoiono i figli di Eli, Ofnj e Fineés. La ragione della sconfitta sta proprio qui: la malvagità e la cattiva condotta morale dei figli del sacerdote Eli, definiti dalla stessa Scrittura “uomini depravati”. La storia insegna che anche quando è presente il Signore nelle vicende umane, queste sono condizionate nel loro buono o cattivo esito dalle responsabilità personali. Guai ancora di più quando si tratta di persone consacrate e congiunti! P. Angelo Sardone