321. «Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano»

La semina del mattino
321. «Tutti scoppiarono in un gran pianto e gettandosi al collo di Paolo lo baciavano» (At 20,37).

Il discorso di addio di Paolo agli anziani di Efeso è ricco di profonda umanità, tenerezza e fermezza propri di un padre verso i suoi figli. Innanzitutto, l’esortazione a vegliare su se stessi e, come pastori della comunità, sul gregge loro affidato, acquistato da Cristo col suo sangue e non da altri. Segue l’amara confidenza-certezza che dopo la sua partenza la comunità sarà sopraffatta da lupi rapaci, falsi profeti, individui pericolosi per il loro insegnamento perverso e per comportamenti non corretti. Per capire questo occorre ripensare allo zelo ed alle lagrime continuamente versate per loro dall’Apostolo nei tre anni di permanenza ad Efeso, con una *testimonianza genuina di altruismo, sobrietà, e la serietà di comportamenti e di attenzione* verso i deboli. Infine, la preghiera comune in ginocchio. In quel momento tutti scoppiano in gran pianto e coprono Paolo di baci. Esprimono così non solo l’uso comune tra i cristiani, ma anche la gratitudine per il suo operato ed il dolore per la sua partenza ed il fatto che non l’avrebbero più visto. Il racconto narra la profonda sensibilità sacerdotale che fa riferimento non solo alla responsabilità evangelizzatrice di un certo livello, ma anche ai più grandi valori di umanità, confidenza e seria amicizia che lega il pastore, anche quello saltuario, alla comunità dei credenti coi vincoli profondi e sacri della condivisione e dell’affetto fraterno e paterno. Queste note storiche sono dense di saggia e proficua pedagogia sacerdotale: delineano una comunità che piange per la partenza del suo pastore e che talora può diventare preda di avventori superficiali e pericolosi che con chiacchiere fumose e moine compiacenti fanno disperdere quanto è stato costruito con serietà, fatica e zelo. P. Angelo Sardone