303. «Poiché respingete la Parola e non vi giudicate degni della vita eterna, noi ci rivolgiamo ai pagani»

_La semina del mattino_

*303. «Poiché respingete la Parola e non vi giudicate degni della vita eterna, noi ci rivolgiamo ai pagani» (At 13,46).*

La predicazione di Paolo e Barnaba ad Antiochia va bene e porta frutto fino a quando i Giudei, rosi dall’invidia per la partecipazione quasi completa della città all’ascolto della Parola, non cominciano ad opporre una evidente resistenza con parole ingiuriose verso i due missionari. *Era assolutamente necessario che la Parola fosse annunziata per prima ai Giudei, depositari della Legge e della Rivelazione del Signore.* Questo metodo preservava gli Apostoli da responsabilità storiche e teologiche. Ma l’opposizione dei facinorosi Giudei la respinge apertamente, rendendoli indegni della vita eterna. Allora i due dichiarano con franchezza di doversi rivolgere ai pagani, secondo l’ordine ricevuto da Dio di portare la luce della salvezza fino alle estremità della terra. I pagani manifestano la loro gioia e glorificano la Parola di Dio, ascoltano e credono. Dopo la risurrezione di Cristo con l’avvento di una nuova e definitiva epoca, _*la Parola non può essere circoscritta alla Palestina ed i suoi abitanti,*_ ma deve essere proclamata e diffusa tra i pagani. La Chiesa si divulga così nel mondo intero e le popolazioni si amalgamano nell’unica fede e nell’unico Battesimo. Oggi la Liturgia ricorda *S. Giuseppe lavoratore,* prototipo dell’uomo giusto che si assoggetta alla comune legge del lavoro per il sostentamento della sua casa e della sua famiglia e per nobilitare la creazione, le cui risorse sono state affidate da Dio all’intera umanità. In un tempo di gravi difficoltà occupazionali e remunerative l’esempio e la protezione del capo della Santa Famiglia diviene un elemento di speranza e di fiducia. _P. Angelo Sardone_